VENEZIA (ITALPRESS) – E’ scomparso l’Ingegnere Giovanni Marelli. Protagonista nel mondo dell’auto: prima con incarichi di Direttore Tecnico in Ferrari e Alfa Romeo, poi CEO della MCM. Classe 1940 è stato figura di spicco in F.1 e in Formula Indy/Cart dal finire degli anni sessanta ai duemila, sempre entusiasta delle sue scelte, seppur difficili a cui si è dedicato con passione e generosità. Laureato in ingegneria meccanica a Padova, entrato in Ferrari sul finire degli anni sessanta, Giovanni Marelli subito ha portato alla vittoria la Dino con Chris Amon battendo la Lotus di Jim Clark ed entrando cosi nel cuore del Commendatore Ferrari che gli ha fatto poi seguire la Dino per il Campionato Montagna con Peter Schetty fino alla F.1 con Mauro Forghieri e con l’importante introduzione delle prime ali aerodinamiche sviluppate dall’Ingegner Giacomo Caliri. Negli anni settanta l’Ingegner Marelli lascia il Cavallino chiamato dal Presidente Luraghi per il Biscione e con l’ingegner Carlo Chiti vincono nel turismo con l’Alfa Romeo GTAm e con l’Alfa Romeo 33 arrivano a dominare il Campionato prototipi con 8 gare vinte su 8 portando in gara sia un consolidato motore 12 cilindri aspirato sia un più avanzato turbo. Forte dei successi delle auto con il Biscione su tutti i circuiti, sul finire degli anni settanta l’ingegner Marelli segue il grande ritorno in Formula 1 dell’Alfa Romeo, complici i risultati dell’Alfetta nei rally, Titolo Turismo Gruppo 2 1978 con Mauro Pregliasco alla guida.
Dopo sole due stagioni dal ritorno in Formula 1 dell’Alfa Romeo, sul finire del Campionato Mondiale del 1980, nel Gp di Watkins Glen, per l’Alfa Romeo arriva la pole position e per oltre 30 giri il dominio assoluto, fin quando una bobina ferma la 179 di Bruno Giacomelli. L’Alfa per la stagione ’81, se non cambiano i regolamenti, è l’auto da battere e arriva in squadra Mario Andretti. Ma la lotta tra Fisa e Foca sfocia con la messa al bando delle minigonne, aggirata con i regolatori d’assetto che l’Alfa decide di non adottare per seguire alla lettera il regolamento e non interpretandolo come fecero molti team inglesi. Questa scelta politica porta a risultati mediocri a cui si aggiungono frenate sullo sviluppo di serie speciali per la produzione e un blocco anche della ricerca e sviluppo interna perchè viene deciso di affidarli a terzi. Tutti segnali di una crisi che aumenta in modo esponenziale in tutta l’Alfa Romeo e con un effetto domino inizia ad abbattere tutto, anche scelte industriali per il marchio importantissime, come la joint venture Alfa – Nissan che poi apre le porte alle fabbriche cacciavite dei giapponesi in Uk a danno anche dell’Italia. Il Presidente Alfa Romeo di allora, Ettore Massacesi, molto attento alle competizioni, al prodotto e ai dipendenti ma anche l’amministratore delegato Corrado Innocenti faticano a tenere il timone, pressati da politici ma anche da Gruppi industriali che non volevano un’Alfa Romeo forte. La partita di un’Alfa Romeo degna antagonista dell’industria nobile tedesca si capisce che è persa.
L’ingegner Marelli decide di lasciare l’Alfa con grandissimo dispiacere per il declino preso che non lascia presagire un futuro sereno per il Biscione. “Chiusa una porta se ne apre un’altra” era solito dire ma non la pronunciò mai per l’addio dell’Alfa. Lasciata l’Alfa Romeo dà vita alla MCM con cui sviluppa un quattro cilindri turbo in due versioni di cilindrata. La versione di 2,1 litri da oltre 600 cavalli è per la Ford Probe per il Campionato Imsa, l’1.5 per la F.1. Contemporaneamente Carl Haas e l’attore Paul Newman fondano un team e con Erik Broadley patron della Lola lo coinvolgono nello sviluppo del telaio in materiali compositi della vettura di F.Indy/Cart per la stagione 1984. Stagione che vide il team dell’attore americano Paul Newman conquistare il Campionato con il pilota Mario Andretti. I materiali compositi erano saliti alla ribalta e oltre all’impiego nel settore automotive e aeronautico, l’ingegnere Marelli li introduce in altri settori, come sci, scarponi e caschi con Nava. Lavora su cerchi in magnesio e carbonio. Personalità eclettica, l’ing. Giovanni Marelli ha anche lavorato per Yamaha sia per la Parigi Dakar sia per la realizzazione della Supermono 600 per la pista ma si è occupato anche di vetture stradali speciali come la 16 cilindri Cizeta Moroder.
Tantissimi i piloti che lo hanno avuto come ingegnere di pista, tra quelli a cui era più legato, primo far tutti, Mario Andretti, ma anche Jackie Icks, Chris Amon, Arturo Merzario, Patrick Depailler, Peter Shetty, Ignazio Giunti, Bruno Giacomelli, Mauro Pregliasco, Derek Bell. Uno dei mantra dell’Ingegner Marelli erano le dimensioni delle gomme, “più larghe sono meglio sono” era solito dire, quando ancora tutti non consideravano l’importanza delle dimensioni delle ruote, perchè diceva: “Danno più tenuta e migliorano la sicurezza con spazi di frenata migliori e questo vale sia per le auto da competizione sia per quelle stradali”.
foto: Archivio Marelli
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