BRESCIA (ITALPRESS) – “La natura delle università, così come dell’Europa, è nel loro futuro; le radici che ci ancorano alla storia sono affondate nelle speranze di milioni di persone che confidano nelle “potenzialità creative dell’Europa”, per usare un’espressione di Papa Francesco”. E’ un messaggio incoraggiante quello che il rettore Franco Anelli ha affidato al discorso inaugurale del Dies academicus della sede di Brescia dell’Università Cattolica, che ha aperto ufficialmente l’anno accademico nell’aula magna di via Trieste. Dopo la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo monsignor Claudio Giuliodori – da poco confermato assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo e nominato assistente nazionale dell’Azione Cattolica – la cerimonia è stata interamente improntata ai temi europei, con la lectio dell’ambasciatore Pietro Benassi, Rappresentante Permanente d’Italia presso l’Unione europea.
Nell’assicurare che l’Università Cattolica continuerà a “prestare la massima attenzione alle dinamiche che interessano l’Ue”, attraverso l’incremento dei progetti di ricerca, l’approfondimento della storia dell’integrazione europea e la sensibilizzazione dei cittadini, il rettore ha richiamato la designazione della città di Brescia, insieme a Bergamo, come Capitale italiana della cultura 2023, e il “contributo dell’Ateneo, che non può non partire dalla vocazione di questo campus, fortemente ancorato al territorio e, al tempo stesso, proiettato in una dimensione europea e internazionale”.
Un’Unione europea è possibile, secondo il rettore, solo se è fondata su quel sistema di valori, di visioni, di prospettive che costituisce la cultura europea. E in questo contesto le università possono giocare un ruolo importante in quanto «istituzioni culturali, che custodiscono e preservano cultura», fondendo trasmissione del sapere, ricerca scientifica e terza missione.
Per il professor Anelli è necessario risolvere, però, la polarizzazione tra cultura alta e cultura bassa, e tra i compiti delle università c’è “la dissoluzione dei confini tra le due presunte culture, per la costruzione di una rinnovata autentica intelligenza della realtà. La costruzione di un nuovo umanesimo non può ridursi a un cosmetico aggiornamento di modelli del passato, ma esige una nuova sintesi che sappia abbracciare saperi antichi e dirompenti novità tecniche e sociali”.
Una sfida comune alla costruzione europea, per quanto sempre vista come “un work in progress al pari della democrazia”, e al ruolo della università.
Un messaggio in linea con la visione dell’ambasciatore Pietro Benassi, che non ha evitato di affrontare le sfide e le crisi che attraversano l’Unione, ma ha trovato proprio nel compito che può giocare l’Europa un esaltante impegno per il futuro.
Il nome delle sfide e delle crisi sono sotto gli occhi di tutti: l’aggressione russa dell’Ucraina, su cui la posizione dell’Italia e degli altri Paesi è finalizzata a “consentire a Kiev di giungere al negoziato in una posizione tale da ottenere una pace giusta”; il problema della Governance economica, che richiede «un ripensamento profondo del Patto di stabilità e crescita che bisognerebbe cominciare a chiamare Patto di crescita e stabilità»; il pragmatismo sulla politica industriale comune, a partire dalle nuove normative nel settore automobilistico. E, infine, la grande questione delle migrazioni, per cui Benassi chiede “un’equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri”, per “una sfida epocale che può essere affrontata solo con soluzioni realmente europee”.
Ma al di là delle sfide e delle crisi che incombono, l’ambasciatore Benassi ha richiamato l’immagine della manifestante in Georgia investita dagli idranti della polizia mentre si ostina a sventolare una bandiera dell’Unione Europea.
“Dietro quel vessillo si manifesta soprattutto un desiderio di appartenenza”.
Un’ambizione che si coglie molto bene uscendo dai confini dell’Ue ed è resa evidente dalla guerra scatenata dalla Federazione russa contro l’Ucraina: “E’ il risultato del potere di attrazione dell’Unione. E’ un’attrazione concreta, quella del libero scambio delle merci, della libera circolazione delle persone, della certezza di regole comuni, ma anche un’attrazione di valori, di diritti umani, di libertà fondamentali, di certezza del diritto. E’ l’attrazione di un continente che dopo secoli di guerre territoriali, è in pace da circa 70 anni. Di qui – secondo Benassi – l’imperativo morale di guardare ai progressi compiuti con orgoglio, ma anche con la consapevolezza che non dovremo mai considerarli acquisiti per sempre, automaticamente garantiti. No, vanno considerati un bene comune; un bene prezioso. E pertanto va difeso”.
Nel corso della cerimonia sono intervenuti anche il professor Mario Taccolini, coordinatore delle strategie di sviluppo del polo bresciano, e il presidente dell’Ente bresciano per l’Istruzione superiore (Ebis) Alessandro Azzi. Il presidente Ebis ha invocato maggiore collaborazione tra università e imprese per evitare di perdere la sfida della bilancia commerciale del capitale umano che lascia il nostro Paese. Il professor Taccolini, sulla scorta della crescente collaborazione interdisciplinare tra facoltà della sede bresciana e quelle delle altre sedi, ha ripreso la sfida di una maggiore integrazione anche tra discipline “distanti”, vale a dire tra quelle umanistiche e sociali e le scienze dure. Un cantiere aperto per tutto l’Ateneo.
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