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De Gennaro “Considerare l’insonnia cronica come malattia invalidante”

ROMA (ITALPRESS) – Secondo le stime più accreditate, in Italia così come in Europa e nel mondo, circa il 10% della popolazione è affetto da insonnia cronica, un disturbo del sonno che si ripercuote sulla qualità della vita di chi ne è colpito.
“Ci sono circa 80 disturbi del sonno, quello con la ‘d’ maiuscola è l’insonnia. E’ necessario imparare a distinguere tra l’insonnia acuta e a breve termine e quella cronica. Se parliamo di malattia, è la seconda, definita come un’insonnia la cui durata è maggiore di tre mesi. L’insonnia si può ridefinire come un disturbo di inizio e mantenimento del sonno, perchè alcuni insonni hanno problemi di addormentamento, altri a mantenere la continuità del sonno, cioè con molti risvegli, infine ci sono gli insonni che hanno problemi di risveglio anticipato, e non sono forme esclusive ma possono verificarsi insieme”, spiega in un’intervista dall’Italpress il professore Luigi De Gennaro, ordinario del dipartimento di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma e segretario dell’Associazione italiana di medicina del sonno. “L’insonnia non è benevola col sesso e con l’età, perchè è un problema prevalentemente femminile, il rapporto tra uomini e donne è quasi doppio. Non è spalmata similmente in tutto l’arco di vita, è un problema prevalentemente dell’anziano, che in ogni caso ha un aumento della fragilità del sonno”, osserva. Alla base dell’insonnia troviamo altresì tre ordini di fattori: ci sono i fattori predisponenti dell’individuo, tra questi per esempio la genetica, i fattori precipitanti, cioè gli eventi vita che possono determinare un temporaneo e contingente disturbo del sonno, e poi i fattori perpetuanti, i nostri comportamenti e le nostre credenze: “I primi due – sottolinea De Gennaro – sono difficilmente modificabili e trattabili, quello che cronicizza il disturbo sono proprio i fattori perpetuanti e i trattamenti lavorano su questi focalizzandosi sul trattamento dell’insonnia. Un italiano su due affetto da insonnia non fa alcun tipo di percorso diagnostico o di trattamento, così li perdiamo dal radar. Chi fa il percorso diagnostico segue trattamenti di tipo comportamentale, ma che in Italia affrontano uno scarso favore. Per questo c’è la farmacologia che studia nuove molecole che non abbiano i problemi dei sonniferi. Le benzodiazepine hanno un problema: non possono essere usate per più di quattro settimane. Ma se il disturbo è definito tale perchè dura almeno tre mesi, si capisce che questi farmaci non sono appropriati”. Uno dei fattori che rendono più complesse le diagnosi e i trattamenti, è indubbiamente il mancato riconoscimento dell’insonnia come malattia sia per la società che per il legislatore. “Bisogna ridefinire lo status del disturbo: le persone non considerano l’insonnia come una patologia, vale per le persone ma anche per l’attuale legislazione, visto che l’insonnia non è attualmente riconosciuta come tale ma sostanzialmente lo è. Ci stiamo battendo per l’insonnia come patologia cronica e invalidante. Il decisore politico deve riconoscere lo status di malattia, anche per un fattore economico: per costi diretti e indiretti costa parecchio, si stima che una forbice tra l’1 e il 3% del Pil sia conseguenza dell’insonnia. Se non vogliamo farlo per etica o clinica, facciamolo per ragioni economiche”, conclude.
(ITALPRESS).
-foto Italpress-

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