MILANO (ITALPRESS) – Uso degli antibiotici, allevamenti intensivi, guerra, crisi climatiche, disuguaglianze sanitarie sono le condizioni alla base dello sviluppo dei cosiddetti super batteri, microrganismi sempre più forti e sempre più difficili da combattere. Nel mondo le malattie infettive provocate dai super batteri hanno provocato almeno 700.000 morti all’anno. In Europa nel 2020 hanno colpito 600.000 persone causando più di 33.000 decessi, di questi ben 11.000 sono avvenuti nel nostro paese, che si è guadagnato così un poco lusinghiero primato nel continente. Un fenomeno che, secondo le stime, se non sarà arrestato in tempo, provocherà 10 milioni di morti all’anno entro il 2050, superando così persino i decessi causati dal cancro. Sono questi alcuni dei temi trattati da Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano e presidente dell’Anpas, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress: “I batteri cattivi sono batteri che purtroppo capiscono come schivare l’azione degli antibiotici – ha esordito il professore – Nel 1945 la penicillina, il primo antibiotico, ci aveva dato speranze notevoli, e così è stato, di ridurre l’impatto delle malattie infettive batteriche, ma poi i batteri, per un fatto naturale purtroppo di evoluzione e capacità di resistenza, hanno acquisito spesso e volentieri questa antibiotico resistenza, quindi la capacità di schivare l’antibiotico nei suoi effetti e vediamo adesso creare forme spesso pesanti, a volte anche mortali nelle persone più fragili, con un rischio futuro molto pesante se non si fa qualcosa”. E sono recenti due casi in Italia di contagio citati da Pregliasco: “In Italia di recente ci sono stati alcuni casi, un citrobacter a Verona in una terapia intensiva neonatale proprio a causa di un contagio che si è visto essersi protratto per diversi mesi o anni – ha spiegato – Un’altra situazione era legata agli strumenti veramente importanti come i sistemi per la circolazione extracorporea, che purtroppo però si sono contaminati anche qui con un micobatterio chimaerae, un nome bello ma pesante per i suoi effetti, che ha determinato pesanti situazioni su persone cardio-operate: per molti c’è stata la paura di essere coinvolti, perchè la patologia può insorgere anche in seguito”.
Sull’argomento, Pregliasco ha scritto un libro divulgativo: “Si intitola ‘I superbatterì per evidenziare che non si tratta di un libro scientifico nel senso tecnico e professionale, ma di un libro divulgativo dove raccontiamo storie di persone che hanno avuto dei guai, storie di persone che negli anni hanno poi fatto e stanno facendo cose in positivo – ha raccontato – Attraverso queste storie e questa individuazione delle persone poi si arriva nella parte finale al racconto di quegli elementi pratici e oggettivi che ognuno può attuare, perchè è una responsabilità condivisa”. Gli allevamenti intensivi, ora vietati in Italia, hanno determinato un grosso problema in passato: “Lo hanno fatto in termini di non responsabilità, ovvero di un uso improprio, eccessivo, per massimizzare il risultato degli allenamenti e far vivere male, in un contesto di affollamento, ma far crescere comunque gli animali – ha aggiunto – Oggi è vietato, l’Italia è molto attenta e ha prescritto la ricetta elettronica e l’indicazione solo di uso come è giusto che sia per gli umani per la terapia e non per la prevenzione, ma purtroppo dobbiamo considerare l’antibiotico come una lama che ogni volta che si usa un pochettino perde il filo, per cui non va sprecato”. Pregliasco ha ricordato come anche nella vaccinazione, per esempio quella per l’influenza o per il Covid, il batterio cerca di schivare l’antibiotico per un’evoluzione naturale, attrezzandosi. E se per l’OMS lo scenario è apocalittico, per il professor Pregliasco c’è ancora una speranza: “Abbiamo comunque la possibilità e l’opportunità di fare qualcosa. Le istituzioni devono fare sorveglianza, dare disposizioni, gli allevatori devono ridurre questo utilizzo degli antibiotici, i medici devono essere meno pesanti con la penna nell’indicazione a volte eccessiva dell’antibiotico, poi è necessario anche che le aziende farmaceutiche siano più attente, ultimamente avevano deviato la ricerca su argomenti più convenienti – ha ammonito – E poi c’è la responsabilità del paziente. Se l’antibiotico funziona, la sintomatologia migliora subito, molti non seguono la prescrizione nel dosaggio e nella tempistica: se il medico dice per cinque giorni, anche se c’è un immediato miglioramento, si proceda nel tempo. E’ una responsabilità di tutti, però è anche del singolo, ci vuole un’attenzione condivisa. “E’ da un pò di anni che non arrivano nuove molecole, ci sono nuovi antibiotici ma sono variazioni sul tema. Si stanno ricercando negli abissi marini, ma anche all’interno dei virus degli stessi batteri, un altro approccio interessante per avere una vasta scelta, ma per cui va fatta molta attenzione – ha ricordato – Un medico che usa l’ultimo antibiotico a disposizione vuol dire sprecarlo se non è necessario”. La chiosa è sulla recente vicenda personale che ha colpito Madonna: “E’ una donna di 64 anni, dunque comunque non fragilissima. Forse ha trascurato i primi segnali e poi si è ritrovata a dover andare in terapia intensiva. Questo dimostra che i batteri sono con noi, qualcosa con cui dobbiamo fare i conti – ha concluso – Il Covid ci ha insegnato che la natura riusciamo sì a inseguirla, ma sta anche a noi cittadini, istituzioni, ricercatori e medici di usare il buonsenso come sempre, anche se non è facile”.
– foto Italpress –
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