Siamo solo alla terza giornata di campionato ma sono davvero tante le indicazioni, sia in chiave positiva che negativa, che arrivano dall’analisi del weekend calcistico italiano.
Partiamo dalla lotta Scudetto e dalle note dolenti nerazzurre: non c’è dubbio che faccia rumore la seconda sconfitta in tre partite dell’Inter di Chivu, battuta rovinosamente allo Stadium da una Juve cinica, brava a sfruttare le amnesie della difesa interista e i passaggi a vuoto di Sommer.
L’Inter resta la squadra probabilmente più completa, nell’organico, della Serie A, ma la sensazione è che gli strascichi dello scorso finale di stagione non siano ancora stati assorbiti da un gruppo che non è stato sufficientemente puntellato in estate. Degli 11 titolari di Torino si conta solo un nuovo innesto, l’ex City Akanji, arrivato l’ultimo giorno di mercato in prestito oneroso. Nel calcio gli stimoli contano quanto la forza tecnica e fisica dei giocatori e la sensazione è che il gruppo Inter avesse maturato a giugno la percezione di essere arrivato alla fine di un ciclo. La Società forse no, ed ha agito di conseguenza, o forse semplicemente non ha avuto la forza economica di procedere ad una rivoluzione e il coraggio di far partire giocatori importanti per rimpiazzarli con altri di pari livello.

L’Inter di oggi mi ricorda il Mike Tyson di oggi, che ancora incrocia i guantoni sul ring per esibizioni suggestive (la prossima, già annunciata in pompa magna, nel 2026, a 60 anni suonati, contro il cinque volte campione del mondo Floyd Mayweather…): rimangono il nome, l’appeal, il blasone, le prime riprese aggressive e quei colpi pesanti che ti fanno pensare che, per lui, gli anni non passino mai…ma alla lunga l’età si sente inesorabilmente e i finali di match sono sempre col fiato corto e la sensazione di poter andare al tappeto da un momento all’altro.
Allo Stadium il 4-3 subito in rimonta, dopo aver messo la testa avanti a meno di un quarto d’ora dalla fine, rappresenta lo specchio delle incertezze e delle inquietudini nerazzurre: senza girarci troppo intorno, una grande squadra quella partita la vince, sicuramente non la perde mai.
La Juventus, dal canto suo, ringrazia e porta a casa 3 punti che valgono oro e la proiettano al comando della classifica, unica a punteggio pieno con il Napoli. Fa rumore, in positivo, l’abbrivio di campionato bianconero.
Fanno rumore i gol e gli assist di Yildiz, finalmente pienamente padrone di quella maglia numero 10 che, forse, gli ha pesato troppo sulle giovani spalle la scorsa stagione. Fanno rumore gli applausi a Vlahovic al momento dell’uscita dal campo: nonostante non abbia timbrato nel derby d’Italia il serbo rimane il capocannoniere bianconero, con due reti nelle prime tre gare, e sembra aver riconquistato anche il suo pubblico, oltre che la maglia da titolare. A questo punto la domanda sorge doverosa e spontanea: che sia proprio la Juventus la più convincente anti-Napoli della stagione?

A proposito di Napoli, fa rumore la prova di forza dei ragazzi di Conte sul difficile campo della Fiorentina: l’innesto di Hojlund (subito a segno) ha dato al tecnico azzurro quel numero 9 puro che (dopo l’infortunio di Big Rom) mancava, in grado di tener palla e far salire la squadra, connettendosi con i compagni, e di trovare con continuità la via del gol. Il sostituto perfetto per Romelu Lukaku che, tuttavia, tornerà a disposizione tra dicembre e gennaio: questo significa che, per la seconda parte di stagione, Conte potrà contare su una coppia di attaccanti che nessuno, in serie A, può vantare.
Parlo di numeri 9 puri, non di giocatori offensivi o coppie d’attacco: Lautaro e Thuram dell’Inter, sulla carta, sono anche più forti ma sono un 9 e un 11, tanto che giocano stabilmente in coppia. Lukaku (quando tornerà) e Hoijlund saranno due titolarissimi in lizza per una sola maglia e daranno al Napoli una profondità di rosa, in quel ruolo, unica in Italia.

Tornando al week end calcistico italiano, fa rumore la sconfitta casalinga della Roma contro il Torino: la squadra di Gasperini ha fatto non uno, ma due passi indietro rispetto alle prime due giornate. Per la prima volta Gasperini è sembrato in confusione, sbagliando la formazione iniziale e non riuscendo a trovare le contromosse efficaci a partita in corso.
Dybala dal primo minuto e da falso nove è una scelta che non ha pagato, quando nelle prime due gare era sempre stato un fattore uscendo, nella ripresa, dalla panchina. Il talento di cristallo giallorosso si è anche infortunato rimanendo negli spogliatoi dopo l’intervallo. El Aynaoui trequartista non l’ha presa mai, nella ripresa avrebbe potuto arretrare a centrocampo per far posto davanti a El Shaarawy, invece il tecnico l’ha lasciato negli spogliatoi all’intervallo per far posto a Baldanzi, mai utilizzato nelle prime due gare.
Così facendo Gasp, quando ha dovuto far uscire l’appannato Cristante, al 20’ della ripresa, è stato “costretto” a gettare nella mischia Pisilli, altro giocatore mai considerato fin qui dal tecnico e diventato, improvvisamente, primo cambio a centrocampo.
La ciliegina sulla torta è stata la bocciatura definitiva di Dovbyk, relegato per tutta la gara in panchina, anche dopo il vantaggio granata. Le frasi del tecnico a fine partita sanno di sentenza di Cassazione: “Dovbyk? Non ho mai avuto intenzione di farlo entrare oggi, voglio vederlo attivo in allenamento, dinamico e convinto. Quando sarà così lo ripresenteremo. Insieme a Ferguson? Vediamo. Ci può stare. Non è la soluzione ideale per me”.

La rosa giallorossa è, indubbiamente, incompleta ed è oggettivo che le richieste del tecnico in fase di mercato non siano state pienamente soddisfatte: mancano almeno un esterno sinistro offensivo e un centrocampista. Detto questo, se Gasp comincia a mettere da parte anche quelli che ha (avrebbe) a disposizione le crepe rischiano di diventare voragini.
In questi giorni, dopo la luna di miele iniziale, Gasperini comincerà a conoscere l’altra faccia di Roma: tra radio, tv, giornali e nuovi media, le sue scelte (e le sue dichiarazioni) verranno analizzate, criticate e rilette in tutte le salse. Nulla di diverso rispetto a quanto accade in tutte le grandi piazze, italiane ed europee, che vivono di calcio, il punto sarà capire quanto il tecnico di Grugliasco saprà gestire queste pressioni senza andare fuori giri.
La sua carriera, fino ad oggi, è sempre stata gloriosa in provincia, mentre al salto di livello, sulla panchina dell’Inter nel 2011, ha pagato dazio, tanto da essere esonerato dopo una manciata di partite. Adesso, 14 anni dopo e all’età di 67 anni, sarà chiamato a non fare gli stessi errori, smussando le spigolature del proprio carattere, intransigente dentro e fuori lo spogliatoio, e accettando le critiche senza farne drammi. Come uomo di campo è certamente uno degli allenatori più bravi in circolazione, la missione a cui è chiamato non è impossibile, dipenderà veramente solo da lui.
In questa terza giornata di Serie A fa rumore il secondo capitombolo consecutivo in trasferta, della Lazio di Sarri: il mercato bloccato ha consegnato al tecnico toscano una rosa più ridotta del consumato mozzicone di sigaretta che tiene sempre in bocca e la sensazione è che il tecnico sia sull’orlo di una crisi di nervi. Indubbiamente in estate, quando ha accettato la proposta di Lotito, Sarri pensava di tornare a tutt’altre condizioni, invece si trova a dover gestire una rosa non sua, composta da giocatori scelti da altri, per giunta reduci da una stagione deludente. What else?
Dopo la sconfitta di Reggio Emilia contro il Sassuolo il tecnico non ha parlato e domenica prossima arriverà il derby della capitale…Non rimarrei stupito se, in caso di sconfitta, Sarri presentasse nuovamente le proprie dimissioni sul tavolo di Lotito.
Chiudo questa analisi del week end con una considerazione sugli arbitri. Ha fatto rumore, sabato, la totale mancanza di proteste durante Juventus-Inter: la sensazione è che la tanto attesa RefCam, oltre ad aumentare l’appeal mediatico della gara, fornendo suggestive e inedite immagini dal campo, abbia fatto da deterrente per i giocatori. In fondo chi, anche tra i più fumantini, vorrebbe essere ripreso in primo piano e in mondovisione mentre manda a quel paese il direttore di gara?
D’altro canto fa rumore anche il rigore revocato al Milan contro il Bologna. La questione, aperta, riguarda sempre il Var e il suo protocollo.
Nkunku riceve una netta spinta da dietro da parte di Lukumi proprio mentre sta per calciare a tu per tu con Skorupski, l’arbitro non fischia, il giocatore del Milan si rialza e l’azione continua con un rigore assegnato per un contatto successivo (che non c’è) dello stesso attaccante con Freuler: Fabbri al Var richiama al monitor l’arbitro Mercenaro per rivedere solo il frame del mancato contatto con Freuler. Sarebbe stato più logico che gli facesse rivedere tutta l’azione in area, permettendogli di decidere se avesse visto male, dal campo, anche il primo intervento.
Potere del risultato, che come sempre avviene nel calcio cambia tutto, Allegri (espulso in campo per le veementi proteste proprio in occasione di questo episodio) nel postpartita ha minimizzato: “Non mi sono fatto idee, non ho rivisto niente. Se Fabbri al Var ha deciso che il rigore non c’era, era giusto annullarlo“. Alzi la mano chi, come me, è convinto che, in caso di pareggio nel finale del Bologna, le dichiarazioni sarebbero state molto meno accomodanti…

Su SMIT (Soccer Made in Italy) potete trovare i Match report di tutte le partite del week end di Serie A e quelli delle gare in programma per oggi, lunedì 15 settembre, Verona-Cremonese (con l’atteso esordio di Vardy nel nostro campionato) e Como-Genoa.
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L’articolo Fa rumore proviene da IlNewyorkese.