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IlNewyorkese al Fancy Food Show 2025: intervista al Presidente del Piemonte, Alberto Cirio

Siamo nel cuore del padiglione Italia al Fancy Food Show 2025 di Las Vegas, un evento che celebra l’eccellenza del food e del made in Italy. In questo contesto, abbiamo avuto il privilegio di intervistare il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Durante l’intervista, il Presidente ha condiviso la sua visione sul mercato statunitense, il valore dei prodotti piemontesi come il riso e il tartufo, e l’importanza di promuovere l’autenticità dei prodotti italiani. Ha sottolineato come la qualità sia la chiave per attrarre turisti e consumatori, evidenziando il legame indissolubile tra il cibo e il territorio.

Grazie Presidente di averci raggiunto nella nostra postazione. Come sta andando, prima di tutto?

«Sta andando molto bene, perché quando facciamo parlare l’eccellenza italiana le cose non possono che andare bene. Dove c’è l’Italia c’è la coda, e non è un caso che l’Italia è country partner, gli Stati Uniti non scoprono oggi i nostri sapori e le nostre bellezze. C’è anche un aneddoto molto interessante sul Piemonte: il Presidente Jefferson, prima di diventare Presidente, rischiò la condanna a morte per venire a scoprire perché il riso piemontese è così eccezionale.»

Qual è il segreto di questo riso piemontese?

«Che nasci in Piemonte, questo è il segreto! Perché noi siamo figli della nostra terra, e lo sono a maggior ragione i prodotti agricoli: in Piemonte si fa il 70% del riso italiano ed è un’eccellenza assoluta. Oggi ci sono almeno 80 aziende italiane presenti; molte di queste sono piemontesi e, nell’anno in cui l’Italia è Paese partner del Fancy Food, non potevamo non essere la regione ospite. Il mercato statunitense è un mercato fondamentale per l’economia piemontese. Poi non è soltanto il riso, ci sono altri prodotti eccezionali, tantissimi, come il tartufo.»

Come si sta muovendo la regione per rafforzare la presenza in questo mercato internazionale?

«Il tartufo è senza dubbio un ambasciatore. Nel 2000 ero presidente della fiera del tartufo di Alba e venimmo a New York per un’iniziativa, White Truffle and More: portammo dei cani e nascondemmo il tartufo a Central Park, dimostrando come si scova il tartufo. Fu un’iniziativa straordinaria, tant’è che l’allora sindaco di New York mi ricordo che mi disse che sapeva dove fosse Alba perché era quella parte d’Italia tra Venezia e Monte Carlo. Da lì imparai tante cose, imparai il fatto che noi regioni dobbiamo lavorare insieme, che dove finisce una regione inizia l’altra e poco conta, l’importante è che rimanga l’Italia, perché è quello che piace. Noi siamo famosi anche per avere tanti microproduttori: all’inizio sono riusciti ad esportare negli Stati Uniti solo grandi brand, ma ora è il momento dei piccoli produttori.»

In che modo la regione Piemonte sostiene le piccole imprese?

«Noi abbiamo una schiera di produttori vinicoli da cui dobbiamo imparare: il Barolo è oggi il vino dei vini, lo chiamano il re dei vini, perché qualcuno, decenni fa, è partito ed è riuscito a venderlo in America quando c’era solo il vino francese. Oggi, seguendo la pista aperta dai grandi vini, abbiamo introdotto una nuova gastronomia fatta di riso, di formaggi, di salumi, evidentemente di tartufo, che per noi è una specie di passepartout. Col tartufo apri le porte, tutti vogliono sapere cos’è il tartufo, e da lì si iniziano a conoscere tanti altri prodotti. E poi c’è anche il settore dolciario: siamo qua con aziende importanti che fanno il Gianduiotto; tanti non lo sanno, ma la Nutella è fatta in Piemonte perché Ferrero un’azienda piemontese. Così come Venchi, così come tanti altri produttori più piccolini, artigianali, ma che si trovano nelle boutique di tutto il mondo e anche in America.»

C’è una strategia per attrarre i turisti sempre più interessati al turismo enogastronomico nel nostro Paese?

«La qualità, la qualità è l’unica arma che abbiamo per mantenere il nostro posto sui mercati e per far conoscere che dietro ad un olio, come dietro ad un vino, dietro ad un formaggio, c’è chi l’ha prodotto.»

Quali sono le collaborazioni in corso?

«Noi siamo qui, nel bellissimo padiglione dell’Italian Trade Agency, con l’SFA per promuovere il Made in Piemonte. Collaboriamo evidentemente con tutti i partner istituzionali italiani, con l’Amerigo Vespucci stiamo facendo il giro del mondo: abbiamo visitato Tokyo, Singapore, Bangkok, Doha, amdrea a Jeddah, e lì siamo proprio la regione ospite. E poi partecipiamo alle fiere di settore più importanti come questa e di conseguenza dobbiamo lavorare con chiunque sia sinonimo di qualità. Devono esserci i marchi, quelli che garantiscono l’autenticità, come DOP, DOCG, l’IGP: sono tutti marchi che nel mondo garantiscono che un prodotto è legato a un territorio. Tanti vogliono copiare l’Italia, ma il parmigiano reggiano è tale perché è fatto lì, perché è fatto in Italia. E questo vale per tutti i nostri prodotti che sono sempre collegati a un territorio.»

Gli italiani che sono arrivati qui cento anni fa hanno vissuto tante difficoltà, oggi invece essere italiani è la cosa più cool in assoluto. Che reazione ha quando gli americani in giro sentono che lei è presidente del Piemonte e in generale su tutto ciò che è Made in Piemonte o Made in Italy?

«Beh, la reazione è un sorriso. Ed in quel sorriso c’è l’idea che si ha del nostro Paese. Al di là degli stereotipi che qualcuno ci ha voluto assegnare in passato, siamo benvoluti perché siamo gente buona, siamo gente dal cuore buono, siamo gente per bene, che sa che la qualità di un prodotto dipende dalla qualità dell’ambiente in cui quel prodotto è nato, dal rispetto delle persone che ci hanno lavorato. Ma se oggi l’Italia nel mondo ha questa immagine, è perché gli italiani nel mondo sono belli.»

Un sentito ringraziamento all’Italian Trade Agency, alla Specialty Food Association e a Universal Marketing per averci ospitato in questo prestigioso evento.

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