MILANO (ITALPRESS) – Dopo dieci rialzi consecutivi, la Fed lascia invariati i tassi d’interesse nella fascia fra 5 e 5,25%. Si tratta però di una semplice interruzione per vedere gli effetti. Sono previsti altri due aumenti entro il 2023. In questo periodo la disoccupazione è vista scendere da 4,5% a 4,1% e la crescita +1%, contro il +0,4% della precedente previsione; per il 2024, previsto un +1,1%. Si comincerà a parlerà di tagli solo a partire dal 2024 con l’obiettivo di riportarli intorno al 2,5% Con un comunicato diffuso al termine del Fomc, il direttorio che governa la politica monetaria, l’istituzione precisa che valuterà se dovessero servire altri aumenti – che non esclude, quindi, ma nemmeno indica come inevitabili – in base a quelli che saranno gli effetti degli aumenti già operati. La decisione è in linea con le attese prevalenti. L’inflazione per fine anno è vista scendere dal 3,3% al 3,2% ma la Fed è impegnata a portarla al 2%. Il sistema bancario statunitense è solido e resiste, spiega la nota. Le condizioni di credito più rigide per le famiglie e le imprese potrebbero pesare sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione. L’entità di questi effetti rimane incerta. Il presidente Powell, nel corso della conferenza stampa finale ha annunciato la revisione al rialzo le stime su PIL e inflazione tagliando quelle sul tasso di disoccupazione per il 2023. Il “salto” di oggi non sarà da considerare come la fine del ciclo di rialzi dei tassi, soprattutto a causa della corsa dei prezzi. Il nuovo dato dell’inflazione core di maggio, 0,4% mese su mese, significa sei mesi consecutivi di dati mensili allo 0,4% e oltre. Possibile rischio di un prossimo rialzo dello 0,5%, a causa di potenziali rimbalzi sui prezzi delle auto usate e del turismo (entrambe scese in aprile), che tendono a essere altamente volatili. Altri consumi potrebbero contribuire a mantenere l’inflazione di fondo troppo calda per i gusti della Fed. Ad esempio, la sanità ha rappresentato un significativo freno all’inflazione dallo scorso autunno, ma ora sta di nuovo accelerando.
Ora la parola passa alla Bce che il 15 giugno deve decidere sul possibile rialzo dello 0,25%. Una decisione attesa, così come quella presa negli Usa.
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