
Un alimento iconico come la pasta, infatti, si sta adattando ai gusti e alle esigenze dei consumatori del terzo millennio.
Negli ultimi anni, il Belpaese ha visto un aumento della domanda di pasta alternativa, realizzata con farine di legumi come ceci, lenticchie o piselli, che ha superato i 163 milioni di euro di vendite annue.
Ma, secondo i dati dell’Osservatorio Immagino GS1 Italy, la passione dei consumatori italiani oggi è la pasta proteica. Il suo giro d’affari è cresciuto del 4,5% l’anno, arrivando a 1,9 miliardi di euro.
Le differenze con la pasta di semola di grano duro a livello di tenuta in cottura, sapore e colore sono minime. A fare la vera differenza è il livello nutrizionale. L’apporto proteico supera infatti del 20% quella tradizionale e si attesta al 12-13%.
Se da una parte i marchi specializzati in pasta proteica puntano ad un pubblico che per stile di vita o intolleranze alimentari la preferiscono a quella tradizionale, dall’altra troviamo i grandi marchi che hanno iniziato a produrre la propria versione calvando il trend per attrarre non solo le persone più attente a una dieta equilibrata ma anche i consumatori occasionali e curiosi.
Un’altra importante differenza sta nel prezzo. La pasta proteica ha un costo quasi doppio rispetto a quella classica. Parlando di marchi generalisti, si arriva anche a 6,95 euro al kg contro una media di 2-3 euro al kg per quella di grano duro. Un prodotto di aziende specializzate, invece, può costare anche 16 euro al kg.
gsl