
Tra i titoli più citati figurano The Voice of Hind Rajab, considerato emotivamente molto potente e indicato come possibile vincitore del Leone d’Oro; La Grazia di Paolo Sorrentino; Duse di Pietro Marcello, soprattutto per l’interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi; House of Dynamite di Kathryn Bigelow; Frankenstein di Guillermo del Toro; Another Choice di Park Chan-wook; e L’Étranger di François Ozon, tornato al centro delle discussioni. Diversi osservatori sottolineano che, oltre al valore artistico, il film di Ozon potrebbe rappresentare una scelta diplomatica per la giuria, capace di bilanciare decisioni più controverse sul piano politico.
Un elemento che in queste ore, infatti, accende il dibattito è proprio il film emozionale di Kaouther Ben Hania, The Voice of Hind Rajab, che ha colpito profondamente il pubblico. Tuttavia, molti critici in Italia e all’estero evidenziano la necessità di distinguere tra urgenza umanitaria e valutazioni cinematografiche, sollevando interrogativi sul ruolo di un festival e dei premi: il Leone d’Oro deve premiare esclusivamente il valore artistico di un’opera o anche la sua funzione sociale e civile? È corretto giudicare un film che tratta dolore e tragedia senza la possibilità di replica o confronto di tutte le parti coinvolte? E come conciliare temi drammatici con l’apparato spettacolare di un red carpet?
Queste domande, senza risposta univoca, spiegano perché il dibattito sull’edizione 2025 sia particolarmente acceso. Venezia, pur non essendo la notte degli Oscar, resta il festival più antico del mondo, punto di riferimento per la stagione dei premi, e continua a lanciare artisti e film che entrano nella coscienza collettiva. Anche quest’anno, il mito e l’epica della Mostra si rinnovano, confermando il suo ruolo unico nella storia del cinema.
xr7/mgg/azn (video di Federica Polidoro)