
C’è stato un momento, appena la sfera con il nome dell’Italia è uscita per prima dall’urna, in cui molte schiene si sono rilassate. L’avversaria della semifinale sarà l’Irlanda del Nord, la meno pericolosa del gruppetto, e il match del 26 marzo si giocherà in casa, probabilmente a Bergamo. Ma il sollievo si è sciolto in un attimo, quando è arrivata la seconda parte della sentenza: in una eventuale finale, il 31 marzo, gli Azzurri giocheranno in trasferta. Cardiff o Zenica, non c’è alternativa. È una storia già vista, e in Italia certe storie non evocano mai buoni ricordi.
Gattuso ha provato a mantenere l’equilibrio che gli compete: “L’Irlanda del Nord è alla nostra portata”, ha detto, ed è vero. Ma ha aggiunto anche che servirà una grande partita, perché questa Italia non ha l’esperienza né la solidità per permettersi la presunzione. Lo sanno tutti: il percorso sembra semplice solo sulla carta. Gli irlandesi giocano come da copione, fisici, aggressivi, organizzati. Sono una squadra che compensa limiti tecnici ritmo e agonismo, e in trasferta si barrica come nei vecchi manuali britannici del “prima non prenderla”. Chi pensa che sarà una passeggiata, rischia di scoprire il contrario.
A far da sfondo, l’ingiustizia strutturale di playoff che proteggono le teste di serie, come l’Italia, solo in prima battuta e poi le abbandonano alla sorte per il match decisivo. È successo nel 2022, quando l’Italia si ritrovò proiettata verso il Portogallo… senza peraltro arrivarci mai. Succede di nuovo adesso, mentre Gravina resta in silenzio e il regolamento continua a premiare le seconde fasce con il fattore campo nella partita che vale un Mondiale. Un paradosso che si ripete, e che alimenta quella sensazione di fragilità istituzionale che accompagna la Nazionale tanto quanto la fragilità tecnica.
L’Italia, a pensarci bene, anche stavolta non potrà nascondersi. Non dopo la figuraccia di San Siro contro la Norvegia, non dopo anni passati a rimontare frustrazioni più che classifiche. Dentro lo staff azzurro lo sanno: il problema non è tanto tecnico-tattico quanto mentale. Gattuso ha parlato di “fragilità”, di una squadra che quando fa tutto bene è competitiva, ma quando sbaglia una cosa sola si scioglie come neve al sole. Per questo ha chiesto di fermare il campionato, come fanno in Turchia, per preparare le due partite decisive. E per questo ha invocato uno stage, anche breve, per guardare negli occhi i suoi giocatori, più che per provare schemi.
L’Irlanda del Nord, da parte sua, ha reagito certamente senza fanfare: “Il peggior sorteggio possibile”, ha scritto il Belfast Telegraph. La BBC ha sottolineato che, per classifica FIFA, non poteva andare peggio. Eppure nessuno, nella loro stampa, pensa che sarà impossibile. Giocheranno senza pressioni, mentre l’Italia avrà il peso di due mancate qualificazioni alle spalle e lo spettro della terza cilecca consecutiva.
Il paradosso è tutto qui: l’Italia avrebbe tutto per qualificarsi, e allo stesso tempo tutto per complicarsi la vita. Buffon, che ormai ha la saggezza dei veterani, ha parlato di un contrattempo che può essere un beneficio: l’occasione per ritrovare umiltà, ordine, attenzione. Ma le ultime due qualificazioni mancate e il cammino in Nations League e nel Girone di qualificazioni al Mondiale hanno lasciato ferite che non si rimarginano con una frase a effetto.
In fondo, per arrivare al Mondiale basterebbe vincere due partite. Una in casa e una fuori. In fondo, dovrebbe essere normale. Invece è diventata un’impresa — non tanto per la portata delle avversarie, quanto per l’Italia stessa. E mentre il tabellone si chiude e il calendario prende forma, la sensazione è che gli Azzurri dovranno giocare contro l’Irlanda, contro Galles o Bosnia e, soprattutto, contro il proprio passato recente.
La partita più difficile resta sempre quella.
L’articolo Playoff Mondiali: Italia-Irlanda del Nord, (eventuale) finale in trasferta proviene da IlNewyorkese.